Ambiente e Sviluppo: ci vogliono 4 Italie per soddisfare la nostra fame di risorse!

Ambiente e Sviluppo Overshoot Day sesemomagnatitutto

Oggi è l’Overshoot Day, cioè il giorno in cui la popolazione mondiale ha già consumato tutte le risorse terrestri (frutta e verdura, carne e pesce, acqua e legno) che la Terra è in grado di produrre in un anno intero. Da oggi, il nostro pianete viene letteralmente sovrasfruttato, esattamente come chi fa chi va in rosso sul suo conto corrente per arrivare a fine mese, e il mese successivo si ritrova con un debito sulle spalle che aumenta sempre. A calcolare ogni anno l’Overshoot Day  è il Global Footprint Network, un’organizzazione di ricerca internazionale fondata da Mathis Wackernagel. Idealmente, il giorno del sovrasfruttamento in un mondo sostenibile dovrebbe avvenire almeno il 31 dicembre, per restare in pari con il tasso di sfruttamento possibile delle risorse naturali. Ogni anno, tuttavia, puntualmente ricorre prima. Nel 2000 avvenne a fine settembre, nel 2015 è stato celebrato il 13 agosto, quest’anno… è oggi.

Emettiamo più anidride carbonica nell’atmosfera di quanto gli oceani e le foreste siano in grado di assorbire e deprediamo le zone di pesca e le foreste più velocemente di quanto possano riprodursi e ricostituirsi“, evidenzia il Global Footprint Network: per soddisfare la domanda complessiva al ritmo attuale servirebbero 1,6 pianeti. E se tutta la popolazione globale vivesse come gli italiani, poi, ci sarebbe bisogno di 2,7 Terre, mentre se dovessimo provvedere a noi stessi da soli, ci vorrebbero 4,3 Italie. Cosa possiamo fare?

Vi ripropongo l’intervista che ho realizzato a Mathis Wackernagel nel dicembre del 2010, in una piovosa giornata di Milano. A distanza di sei anni, non abbiamo ancora capito niente.

Mathis Wackernagel del Golbal Footprint Network intervistato da Byoblu

Quanto ci vorrà ancora prima che la Terra si esaurisca del tutto?

 Con lo sovrasfruttamento biologico è una discesa sdrucciolevole. Non è tipo: “all’improvviso collassi” o qualcosa del genere… La pesca collassa in fretta, ma le foreste… puoi sovrasfruttarle per lungo tempo e si fanno sempre più rachitiche e brutte… oppure l’erosione che va molto lentamente e la produttività va giù e così via. Insomma, è una pendenza scivolosa, e questa discesa sdrucciolevole è già iniziata. Abbiamo sovrasfruttato le risorse planetarie per un po’ di tempo e in maniera più consistente da circa trent’anni più o meno. Alcuni paesi lo stanno già sperimentando in prima persona. Se pensi a posti come il Darfur o Haiti, sono aree dalle risorse estremamente limitate che non sono in grado, a causa di limitazioni finanziarie, di acquistare risorse da altri paesi, e così sono direttamente limitate da ciò che è disponibile entro il loro territorio, con conseguenze drammatiche sul loro grado di benessere. Questo è quello che accade se non prendiamo il problema delle risorse seriamente.

Se invece lo prendiamo seriamente, potremmo vivere abbastanza bene. Considerate questo: oggi ci sono tante persone in sovrappeso od obese quante ce ne sono che muoiono di fame. E infatti ci sono più o meno tante persone che muoiono per l’obesità e per le complicazioni legate al sovrappeso quante ne muoiono di fame. Questo dimostra l’assurdità della situazione. Questo non è altro che il sintomo… Ma se prendiamo la questione delle risorse sul serio e davvero iniziamo a pensare, come fossimo agricoltori, allora domandiamoci: qual è il nostro livello ottimale per il consumo di risorse? Perché se ne consumiamo sempre di più, e non ne abbiamo, ci scaviamo con le nostre mani una fossa. E il miglior consiglio che si può dare a chi si scava una fossa con le sue mani è “SMETTILA DI SCAVARE”! E per chiedersi cosa sta davvero succedendo, che cosa dobbiamo fare per uscire da quella fossa, un modo è quello di fare chiarezza sul nostro mondo e capire quanta natura abbiamo e quanta ne utilizziamo, e chiedersi se possiamo permetterci il deficit ecologico. E se non possiamo, allora facciamo un piano e chiediamoci dove dovremmo andare.

Ho fatto il vostro test per calcolare la mia impronta ecologica. Qual’è un risultato accettabile per quel test? Secondariamente: qual’è il tuo risultato? 

Vado in bicicletta al lavoro, cuciniamo pasti vegetariani…

Ma prendi…

...ma prendo molti aerei! Quindi è tremendo! Se tutti vivessero come me, ci vorrebbero più pianeti di quanti ce ne vorrebbero se tutti vivessero come gli americani. E’ un triste bilancio, potresti dire… Ma il mio punto di vista è: dobbiamo veramente guardare qual è l’interesse personale che viene leso quando non perseguiamo la sostenibilità. E in realtà sono proprio le organizzazioni, le istituzioni a non potersi spostare. Una città che non si prepara per il futuro, non sarà pronta per quel futuro. Un paese che non si prepara per il futuro, semplicemente non sarà pronto per quel futuro. Io ho gambe: posso andarmene. Una città e un paese non possono spostarsi.

Siamo egoisti. Pensiamo che quello che non produciamo, sia sufficiente comprarlo. Esportiamo i problemi.

Come farete ad avere successo con questa strategia, sapendo che nel corso degli ultimi anni il potere d’acquisto in Italia, se comparato con la media mondiale, è in costante diminuzione? In un mondo sempre più ipersfruttato e con un deficit italiano sempre più vasto, intendo un deficit ecologico, quali sono i vostri piani, con un potere d’acquisto sempre inferiore, per trovare le risorse che vi necessitano? Non sembra essere un piano molto lungimirante. Ripensatelo!

Hai avuto contatti con il governo italiano? Qualcuno ti ha dato retta in questo paese?

Non siamo molto attivi con il governo italiano. Abbiamo fatto sapere al Ministero dell’Ambiente che ci sarebbe piaciuto realizzare una collaborazione di ricerca per verificare se i nostri numeri rappresentano realmente l’Italia in maniera accurata, e io penso che sarebbe nell’interesse del vostro paese sapere se siete in deficit oppure no. E’ un po’ come quando ti occorre di sapere quanto oro hai in banca, per esempio, no? Quindi penso che sarebbe una buona cosa per l’Italia. Nessuno si è ancora messo in moto, ma in compenso stiamo lavorando ad un progetto con i paesi del Mediterraneo, e alcuni di loro hanno mostrato un discreto interesse, per esempio il Marocco. C’è anche interesse da parte della Turchia, abbiamo conversazioni in corso con persone della Giordania. A dire il vero la Spagna ha riesaminato la sua impronta ecologica da sola, qualche anno fa. Insomma: c’è un buon movimento! Voglio dire: ci sono così tanti paesi nel mondo, noi non ne facciamo una battaglia. Aiutiamo i paesi che vogliono avere successo, e quelli che vogliono semplicemente mantenere la loro attuale rotta, e pensano che sia una buona cosa per loro, gli auguriamo buona fortuna!

Come hai fondato la Footprint Network Organization?

Credo che tutto affondi nella mia giovinezza. Quando avevo circa dieci anni, accaddero due cose: la prima è l’uscita di un libro dal titolo “Limits to growth” (I limiti dello sviluppo, disponibile in inglese in questa riedizione). Ho semplicemente dato un’occhiata a come si stava evolvendo il mondo se non avessimo avuto cura delle nostre risorse. Me l’ha mostrato mio padre, mi ha fatto vedere le curve e io ho realizzato che sarei stato vivo, che nel corso della mia stessa vita avrei vissuto cambiamenti radicali se non fossimo stati attenti. E  questo, seppure bambino, mi preoccupò molto. Nello stesso tempo, nello stesso anno avemmo la prima crisi del petrolio. La Svizzera decise, come reazione, di istituire tre domeniche a piedi, una cosa molto eroica! A me, che ero un bambino, piacque molto. Furono tre giorni fantastici, veramente memorabili! E così, un futuro senza macchine, senza petrolio, agli occhi ingenui di un bambino sembrò una cosa estremamente positiva! Così pensai: perché il mondo non dovrebbe essere diverso? E probabilmente dovrà essere diverso!

E poi ebbi moltissime opportunità. Sono stato diverse estati in una fattoria, durante le vacanze, per capire meglio come funziona la natura, come si lavora con le mucche eccetera… Questo mi diede modo di sviluppare più di un apprezzamento della nostra stessa dipendenza dalle risorse naturali. Credo che l’impronta ecologica iniziò a uscire fuori, nel dibattito, all’incirca ai tempi della Conferenza di Rio, che per la prima volta portò la discussione sullo sviluppo sostenibile all’attenzione mondiale. Però, allo stesso tempo, non ebbero mai il coraggio di dire che abbiamo un solo pianeta a disposizione. Fondamentalmente, hanno dato una riverniciatina alle cose, hanno pensato che ogni cosa fosse stata sistemata e che questo era abbastanza. È buffo, dissero “tutto quello di cui abbiamo bisogno è uno sviluppo sostenibile”, ma andando a fondo e guardando i dettagli non c’era niente che si rapportasse ai vincoli sulle risorse. Una situazione davvero grave, ecco perché abbiamo pensato che, come contributo al dibattito, avere uno strumento che aiuti accuratamente a mostrare quanti pianeti abbiamo e quanti ne utilizziamo sarebbe un utile contributo.

Si è forse trattato di un contributo un po’ lento, e parliamo di vent’anni fa. Abbiamo iniziato a lavorare con i governi e proprio come una giovane persona impaziente — non più così giovane a dire il vero — vorrei che accadesse tutto molto più in fretta perché prima ci diamo da fare, più sarà semplice. E’ come con i biglietti aerei: se attendi l’ultimo minuto a comprare il biglietto, ti costerà davvero tanto!

 Cosa succederebbe se un giorno, all’improvviso, finisse il petrolio? Scoprilo in questo meraviglioso di libro di Mauro Corona

C’è stata anche qualche critica ai fattori che tenete in considerazione per calcolare…

Certamente! Io lo spero, che vengano fuori delle critiche.

State lavorando per raffinare il modello e aggiungere nuovi valori?

Io credo che la cosa più importante è che non siamo un organizzazione fideistica. Per favore, non credeteci sulla parola! Siamo un’organizzazione scientifica: metteteci alla prova! Insomma, le critiche ci sono sempre. Ci sono critiche valide, ci sono critiche sciocche, come sempre… Noi continuiamo a migliorare e a tenere in considerazione le critiche. Miglioriamo sempre la metodologia, e potrebbe essere migliorata certamente di più! Ogni anno facciamo passi avanti, facciamo uscire una nuova edizione… Potremmo fare salti quantistici, se avessimo più risorse, ma in ogni caso il nostro metodo mostra solide tendenze, e anche se lo cambiassimo la storia non cambierebbe poi di molto, perché sopra ogni altra cosa crediamo che il nostro metodo sia piuttosto una sottostima dell sovrasfruttamento che è in atto, non una esagerazione. A mano a mano che i risultati saranno migliori, sarà più facile che mostrino un’impronta ecologica più ampia e una minone biocapacità di base.

Tu credi davvero che l’umanità imparerà la lezione in fretta e cercherà di cambiare strada?

Io credo che in realtà si tratti di un messaggio di speranza, e cioè che se solo iniziamo a riconoscere i nostri stessi interessi più a fondo, potremmo ritrovarci in gran bella forma. Non è una battaglia perduta in partenza. Dobbiamo solo trovare le persone giuste, il messaggio giusto, e le cose possono cambiare abbastanza radicalmente. Per esempio, ci sono due paesi nel mondo che sono radicalmente diversi da tutti gli altri paesi che hanno il petrolio, solo perché hanno avuto un’intuizione. Non si tratta di ideologia, e neppure di pressione morale. È solo perché vedono il petrolio come un bene, una risorsa, e non come un guadagno. E semplicemente per questo, hanno rafforzato i loro conti in banca invece di spendere i soldi, e sono stati in grado di gestire le loro risorse molto di più a loro vantaggio piuttosto che essere prosciugati o cadere in cicli di dipendenza che preoccupano un paese come nel caso della Russia, del Venezuela, della Nigeria, o dell’Alaska, dove il denaro è stato semplicemente speso, se ne è andato e ora tutti ne sono più dipendenti. Quindi solo la visione giusta circa il significato di quello che è veramente di valore può fare una enorme differenza su come gestiamo le nostre nazioni.

Grazie per i tuoi sforzi.

Grazie anche a te per i tuoi sforzi.

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