Il Medioevo è quell’età intermedia che la coscienza umanistica del Rinascimento individua tra il momento della propria comparsa, e affermazione, e la fine del mondo antico.
Possiamo identificare l’inizio nel 476 e la fine con lo sbarco di Colombo nelle Americhe nel 1492.
In questo periodo di mezzo il corpo umano era considerato sotto due punti di vista: da una parte il culto per il corpo di Cristo, dall’altro il tentativo di limitare e mortificare i desideri della carne.
La chiesa riuscì in quest’intento?
Quali gli strumenti utilizzati per limitare il desiderio amoroso?
Siamo alla fine del XII secolo quando Stefano di Fougères elenca i difetti principali delle donne.
La prima accusa dell’uomo di chiesa al genere femminile è quella di deviare il corso delle cose. Le donne si oppongono alle intenzioni divine attraverso delle pratiche che si tramandano, in segreto, da secoli. La domanda sorge spontanea, come fanno a modificare il corso delle cose?
Quali sono queste pratiche così dannose alla civiltà occidentale? …
La risposta potrebbe far sorridere l’essere umano del XXI secolo: i cosmetici – in parte ma non solo. La cosmesi modifica l’aspetto e. grazie al ricorso a queste pratiche, le donne imbrogliano l’uomo offendendo Dio che ha plasmato l’essere umano con le proprie mani.
L’ultima accusa mossa dal cappellano d’Enrico Plantageneto concerne la leccheria, oggi traducibile in lussuria: di fronte al marito reprimono il proprio ardore, in compenso corrono dietro a corteggiatori occasionali.
Possiamo vedere la donna come ad un vassallo dell’uomo?
In cambio cosa otteneva?
La protezione che il principe manifesta nei confronti dei propri sudditi.
Lasciamo Stefano di Fougeres alle sue elucubrazioni ed avanziamo nella linea del tempo, sapendo che dovremmo nuovamente indietreggiare per comprendere. La donna e l’amore dovevano incrociare i propri destini, non possiamo comprendere il peccato senza introdurre l’amore.
L’amore non era ancora cortese come molti immaginano.
Comodo incolpare l’ipotetica donna per mantenere le ferree gerarchie?
Quale era l’idea fondamentale dell’uomo medievale sulla donna?
La donna era un essere inferiore: la visione passò dall’essere necessaria ad essere la porta dell’inferno. La figura femminile giungerà, nelle pagine del Malleus Maleficarum, ad accoppiarsi con il demonio: quel libro permise a decine di migliaia di uomini di staccare il cervello e non dover ragionare; era tutto scritto, dovevano solo seguire le indicazioni.
La colpa della donna risale ad Eva e al dialogo tra lei ed il serpente. Quei frutti dovevano essere gustosi e prelibati per incitare la donna a peccare.
La Genesi è stata analizzata da illustri personaggi e pensatori della storia. Sant’Agostino presume che la donna sia fatta a somiglianza dell’uomo: conduce il vescovo d’Ippona a pensare la donna come l’aiutante dell’uomo: la figura maschile dirige la femmina obbedisce. Il venerabile Beda presume che il serpente abbia ingannato la donna, e non l’uomo “perché la nostra ragione non può essere sottomessa se non c’è il piacere, il piacere carnale”. Il peccato si attua in tre tempi: “ il serpente consiglia il piacere alla parte femminile, il corpo obbedisce e la ragione acconsente”.
Prima della classificazione proposta all’inizio di quest’articolo, di Stefano, Roberto ritiene che “la donna è sempre occupata a fantasticare con il corpo e lo sguardo. Vaga incuriosita nel giardino alla ricerca del piacere”.
Le donne peccavano guardando, immaginando, vagando e toccando.
Molte canzoni che celebrano la dama, e certi racconti che narrano le avventure di un amante e della sua amata, furono composte nel XII secolo nel linguaggio delle corti.
Le canzoni ed i racconti piacquero all’uomo del medioevo?
Se fosse accaduto il contrario non sarebbero giunte sino a noi: la risposta è affermativa.
Un particolare incuriosisce: i creatori della letteratura cavalleresca furono uomini di chiesa. Nella casa dei principi, questi personaggi, servivano Dio confessando e cantando l’ufficio nella cappella dell’edificio.
I cappellani, oltre a svolgere l’ufficio religioso, avevano un secondo grande compito: cercare di mantenere tranquilla la cavalleria. Uomini rudi e forti tornavano dalle battaglie raccontando aneddoti di quello che era, da poco, accaduto.
I cantori del XII secolo, come detto in precedenza, non si discostarono dalla scuola dalla quale provenivano. Questi poeti presero a prestito dall’amore puro, l’amor di Dio di Bernardo di Chiaravalle, la veemenza e la gratuità.
Per mantenere in tranquillità i cavalieri, ma anche le dame, riuscirono ad inserire l’amore carnale all’interno dei loro lavori.
Questi scrittori – cappellani sono riusciti in un piccolo prodigio, nel momento in cui i moralisti volevano, fortemente, escludere il sesso dal matrimonio.
Il sesso non era il centro del rapporto, era qualcosa che doveva esserci, ma non rappresentava il fulcro: il desiderio non era, solo, quello di vedere e toccare sotto le vesti. I romanzieri cercarono di giustificare l’amore fisico esaltando l’amor purus di Bernardo.
L’amor cortese come insieme d’amore puro e materiale.
A tutto questo si contrappone il cinismo dello storico medievalista Jacques Le Goff, in un’intervista rilasciata alla Repubblica. Quando gli si chiede se l’amor cortese sia mai esistito nella realtà e non sia stato al contrario invece solamente un “genere letterario” risponde nel seguente modo: “Io credo che l’amor cortese sia puramente immaginario. Esiste soltanto nella letteratura. Ciò non significa che l’amore reale sia sempre stato brutale, che ci sia sempre stata una violenta dominazione dell’uomo sulla donna. Ma l’amore in cui la donna diventa il signore e il cavaliere il suo servo, non c’è mai stato”.
Il vescovo Hugues di Lincoln interrogato da una moglie insoddisfatta risponde: “Vuoi che tuo marito ritrovi il suo ardore? Dovrò farne un prete. Appena un uomo è prete, brucia”.
Un libro uscito negli ultimi anni ha cercato di analizzare il sesso nel medioevo: Sexualités au moyen âge di Jacques Rossiaud.
San Pier Damiani, nel 1049, stende una lista d’atti contro natura “che rientrano sotto la definizione di una parola potente: sodomia”.
Pier Damiani fa rientrare diversi comportamenti nella sodomia: la masturbazione solitaria e reciproca, la fornicazione tra le cosce e da dietro.
Superando le posizioni considerate lecite, quante volte era lecito congiungersi?
Stando alle raccomandazioni diffuse, non si dovevano superare i due amplessi a settimana.
La prostituzione?
Era considerata come un male necessario. Tommaso d’Aquino, il bue muto, asseriva: “il sesso con le prostitute è da vedersi come le condotte fognarie di una casa: non belle a vedersi ma se non ci fossero, l’intera casa sarebbe inondata dai liquami”.
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