Nove pezzi, per poco più di una ventina minuti di durata, in cui Rossigno libera le proprie emozioni, il più delle volte comprese tra rabbia, sofferenze, frustrazione per i piccoli / grandi drammi derivanti dai rapporti interpersonale e sentimentali.
La forma è quella di un ‘metal contemporaneo’, viscerale, accidentato, a tratti tortuoso, essenziale e talvolta monolitico nel suo basarsi esclusivamente su chitarre lancinanti e una batteria martellante; l’esito è un disco saturo, che aggredisce costantemente l’ascoltatore concedendogli solo pochi momenti di quiete, attingendo a piene mani al cosiddetto ‘post metal’, mescolando ingredienti hardcore e industriali, rimandando a band come Explosions In The Sky e tenendo presente, a monte, la lezione di ‘mostri sacri’ come Neurosis e Tool.
Un esordio solista che da un lato mostra come gli esecutori non siano proprio alle prime armi, ma che dall’altro sconta comunque qualche limite: un disco che trova la sua maggior dote nell’immediatezza, caratterizzato da una certa urgenza espressiva – e la breve durata appare esserne un’ulteriore prova – che però sembra reprimere un po’ troppo il lato ‘pensato’: come se certe ‘complicazioni’, soluzioni più ‘ardite’, si fossero potute sviluppare meglio.
Analoga impressione suscita la scrittura – in italiano – che appare affidata ad un susseguirsi di immagini, suggestioni, pensieri giustapposti all’insegna di un flusso continuo di associazioni di idee, efficace nel dare voce alla necessità di comunicare emozioni, ma che sconta qualcosa sotto il profilo della comprensibilità.
Il progetto Big Bang Muff appare insomma mostrare discrete potenzialità, con idee interessanti e soluzioni che attendono un più compiuto sviluppo: forse appare necessaria, un po’ meno emotività a favore di un pizzico di ‘fredda razionalità’ in più.
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