Come interpretare la meccanica quantistica?

Sarebbe bello poter dire che la storia della meccanica quantistica non ha nulla a che fare con la nostra, e che non è necessaria per comprendere i segreti dell’Universo. Ma sfortunatamente non è così, perché la meccanica quantistica ha completamente cambiato la nostra comprensione delle leggi fisiche.

La meccanica quantistica ha a che fare con lo studio della fisica a livello atomico, il livello delle particelle che costituiscono i mattoni della materia. All’inizio di questo secolo l’impresa era di riuscire a capire il comportamento dell’elettrone: a volte, come la luce, esso si comportava come una particella, e a volte come un’onda.

Nel 1925 comparve una nuova teoria delle particelle subatomiche, battezzata meccanica quantistica. Essa rivoluzionò definitivamente la scienza.

La meccanica quantistica dice che le forze sono create dallo scambio di “pacchetti” discreti di energia, chiamati “quanta”. Questi pacchetti (chiamati fotoni, nel caso della luce) vengono misurati in unità estremamente piccole. Il grande problema è che a volte le particelle si comportano come tali e a volte come onde. Così non sappiamo che cosa siano e non sappiamo come chiamarle; molti scienziati si riferiscono quindi alle particelle, in meccanica quantistica perlomeno, come “entità quantiche”.

La teoria quantistica stabilisce che esse si comportano come particelle od onde, ma noi non siamo ancora riusciti a spiegare questo dualismo. Il fisico Erwin Schrödinger concepì un esperimento immaginario, chiamato il gatto di Schrödinger, solo per dimostrare quanto tutto questo sia stupido.
Dategli un’occhiata. …

La spiegazione più comunemente accettata del problema del gatto di Schrödinger è quella avanzata nella cosiddetta interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica: che il gatto non sia né vivo né morto finché non si apre la scatola. In modo similare, un’unità quantica non è una particella né un’onda finché non compiamo un’osservazione; allora la “funzione d’onda” cade e noi otteniamo l’una o l’altra.

Peggio, il principio di indeterminazione di Heisenberg pone stretti limiti a quanto possiamo capire del mondo intorno a noi. Il principio afferma che noi possiamo conoscere la velocità o la posizione di un’entità quantica, ma non entrambe.

Un’altra predizione della meccanica quantistica è che c’è una probabilità finita che le particelle possano scavare un tunnel, o fare un balzo quantico, attraverso barriere impenetrabili. In altre parole, se mettiamo una particella in un contenitore, e se questa particella non ha abbastanza energia per uscirne, c’è ancora una probabilità misurabile che la particella sfugga veramente dal contenitore. Questo è stato provato sperimentalmente innumerevoli volte. L’effetto è chiamato “traforo quantistico”; detto più semplicemente, vuol dire che le particelle possono fare strane cose!

La fisica quantistica non sostituisce la meccanica newtoniana: la comprende. La meccanica newtoniana rimane valida entro i propri limiti, ma noi sappiamo ora che non c’è un orologio che batte, che lo si guardi o meno.

Einstein trovava molto difficile accettare l’idea della meccanica quantistica; egli disse a Max Born “tu credi in un Dio che gioca a dadi, mentre io credo in un ordine completo”.

Alcuni fisici stanno adesso cominciando a chiedersi se Einstein aveva ragione del tutto, e se manca qualcosa dalla meccanica quantistica convenzionale che potrebbe conciliare questi punti di vista così diversi. Ma queste non sono opinioni convenzionali e, francamente, non sappiamo proprio che dire.

L’importante esperimento che diede l’avvio a tutto ciò è quello famoso della doppia fessura.
Esperimento, effettuato la prima volta da Thomas Young nel 1803, che “dimostrò” che la luce è un’ onda. Il medesimo esperimento è stato successivamente ripetuto utilizzando “fotoni” individuali di luce, come anche singoli elettroni. In questa forma l’esperimento evidenzia chiaramente il problema centrale che la meccanica quantistica tenta di risolvere: come le particelle possano anche avere un comportamento ondulatorio.

Il fisico David Bohm ha suggerito che durante questo esperimento la particella individuale, o entità quantica, emette antenne, od “onde pilota”, per vedere quante fessure siano aperte.

Principio di indeterminazione di Heisenberg

Nel 1927 Werner Heisenberg disse che una particella dà solo limitate informazioni su di sé. Si può determinare dove sia in ogni momento, ma se lo si fa non si può conoscere la sua velocità o la direzione del moto. Oppure si possono misurare velocità e direzione, ma allora non si può determinare il punto di partenza o quello di arrivo – e dunque dove essa sia. In altre parole, si può sapere solo l’una o l’altra delle cose. (Naturalmente il tutto può essere esposto più precisamente in termini matematici.) Heisenberg chiamò questo fatto principio di indeterminazione.

In termini filosofici questo era molto profondo. Si stava dicendo, in chiari termini matematici, che c’è un limite a quello che possiamo conoscere. Non possiamo sapere di più. Infatti la maggior parte del lavoro in meccanica quantistica, come risultato, è intorno alle probabilità. Così se spariamo degli elettroni attraverso una fessura ricavata da uno schermo, noi possiamo sapere esattamente quanti elettroni si spargeranno in ogni direzione particolare, ma non potremo predire accuratamente cosa farà un particolare elettrone. E questo non perché non abbiamo adeguati strumenti di misura, ma solo perché siamo vincolati ad una legge naturale.

Questo è profondamente scioccante. Il principio di indeterminazione è la parte più controversa della meccanica quantistica, tuttavia è quella che ha resistito a 70 anni di prove in laboratorio.

Funzioni d’onda o mondi paralleli?

L’interpretazione “ortodossa” della teoria quantistica è la cosiddetta interpretazione di Copenhagen. Si tratta di una spiegazione di meccanica quantistica che si suppone sia stata avanzata la prima volta a Copenhagen (anche se probabilmente non è vero).

La spiegazione più comunemente accettata del problema del gatto di Schrödinger, l’esperimento immaginario proposto da Erwin Schrödinger per dimostrare quanto sia stupida la meccanica quantistica, è quella avanzata nella cosiddetta interpretazione di Copenhagen di meccanica quantistica. Questa dice che il gatto non è né vivo né morto finché non si apre la scatola. In modo similare l’entità quantica non è né una particella né un’onda finché non si compie un’osservazione; allora la “funzione d’onda” crolla e noi abbiamo l’una o l’altra.

Questa interpretazione sfida il senso comune, ma è la più comunemente accettata. Però c’è un’altra interpretazione, la cosiddetta interpretazione Everett, o interpretazione dei mondi multipli. Questa interpretazione, proposta da Hugh Everett III nel 1957, dice che, nel caso del gatto di Schrödinger, per esempio, quando mettiamo il gatto nella scatola l’Universo si divide in due universi: uno contenente un gatto morto, e uno che ne contiene uno vivo.
Si può vedere che questo creerebbe ben presto un numero pressoché infinito di mondi paralleli.

Sarà vero? E chi lo sa!

La teoria della relatività ristretta è sbagliata?

La meccanica quantistica sembra incompatibile con le teorie della relatività di Einstein. Infatti le due teorie sono virtualmente una l’opposto dell’altra. La relatività è alla ricerca della semplicità, della chiarezza, della bellezza. La Meccanica Quantistica dice che questo è impossibile. L’Universo è un posto disordinato.

Per dare un esempio specifico: la relatività dice che nulla può superare la velocità della luce (questo nella teoria della relatività ristretta). Mentre nella meccanica quantistica la nostra teoria dice che in qualche modo l’informazione sta circolando più velocemente della luce. Vedere in proposito il famoso paradosso di Einstein, Podolsky e Rosen, che era un esperimento destinato a provare che nulla può viaggiare più velocemente della luce. In effetti esso parve provare l’opposto: l’informazione sembra circolare più velocemente della luce, e ancora nessuno capisce il perché.

In effetti, o la meccanica quantistica, o la relatività, o entrambe, sono sbagliate. Ma non sappiamo quale. Il problema è anche che ognuna delle due sembra corretta all’interno del proprio ambito. Ed entrambe ci hanno messo in grado di fare grandi progressi nelle scienze. È chiaro che c’è qualcosa che non va, ma a tutt’oggi non abbiamo idea di cosa.

Cosmologia quantistica

Alcuni scienziati, compreso Stephen Hawking, stanno lavorando a una scienza del tutto nuova denominata cosmologia quantistica, tentando di unire la meccanica quantistica alle nostre conoscenze attuali di cosmologia. L’idea deriva dalla possibilità di applicare al nostro Universo la meccanica quantistica: solo un Universo possibile in un numero infinito di Universi possibili.

Proprio come nella meccanica quantistica le particelle hanno funzioni d’onda, o insiemi di possibilità, così nelle teorie di Hawking noi abbiamo una funzione d’onda che descrive l’insieme di tutti gli universi possibili. Quindi il nostro punto di partenza potrebbe essere un insieme infinito di universi paralleli, di cui il nostro Universo è solo uno quando la “funzione d’onda” crolla (quando noi, o qualcosa, compie l’osservazione).
Cosaaa?

Quindi “universo” non è tutto ciò che esiste, ma è “tutto ciò che può esistere”.

Alan Guth ha descritto un universo che va oltre i principi quantistici un “Universo del pranzo gratuito”. (vedere sotto)

Vedere anche la “condizione di non confine”. (sotto)

Universo del pranzo gratuito

L’idea che l’Universo possa essere comparso dal nulla e abbia complessivamente energia nulla. Ciò lo renderebbe, secondo l’espressione di Alan Guth, “il supremo pranzo gratuito”.

Le ipotesi di base sono che l’Universo si trovi all’interno di un buco nero. Secondo la teoria quantistica, piccole bolle di energia possono crearsi dal nulla, posto che esse esistano solo per un breve momento e poi spariscano. Meno energia è coinvolta, più a lungo esse possono esistere.

Ora, supponiamo che l’energia gravitazionale sia negativa e l’energia racchiusa nella materia sia positiva. Se l’Universo è esattamente piatto è possibile che queste due addizionate fra loro diano zero energia. Nel qual caso le regole della teoria quantistica permetterebbero all’Universo di esistere per sempre.

Così, forse, l’Universo è una piccola bolla di energia (energia totale: zero) che è comparsa dal nulla. Il supremo pranzo gratuito.

Ma allora – se l’Universo è una fluttuazione quantica, come può fluttuare se non c’è nulla in cui fluttuare? E potevano esserci regole matematiche – le regole della meccanica quantistica – prima che l’Universo esistesse? Se le regole arrivarono con l’Universo, allora non potevano esserci prima per permettere all’Universo di essere creato!

Che mal di testa Eh?

Condizione di mancanza di confine

L’idea che l’Universo sia finito ma non abbia confine.

Questa idea venne introdotta da Stephen Hawking nel 1970 come mezzo per rimuovere la necessità di una singolarità nel modello del Big Bang. L’idea è che proprio come una mela è finita ma non ha confine, così, in termini di tempo, l’Universo potrebbe essere finito ma potrebbe anche non avere confine, né inizio. Cosicché non possiamo domandare “che successe prima del Big Bang?” perché non c’è “prima”.

L’esposizione dettagliata dell’idea è molto matematica.

Fonte: astrofili.altervista.org

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