Un chiarimento sui concetti e le problematiche necessario per affrontare in modo scientifico la questione dell’AGW, la teoria del riscaldamento globale antropico.
“Per poter essere considerata seriamente, ogni altra spiegazione scientifica deve dimostrare, con i dati, di avere una correlazione forte (con le temperature) almeno quanto quella della CO2”
… E questo non è ancora accaduto.
Ogniqualvolta si voglia cercare di impostare un dibattito serio nei confronti di un qualsiasi problema di natura scientifica è sempre buona regola prima di tutto riuscire a contestualizzare bene i discorsi e a definire chiaramente i contorni e i confini delle questioni che si intendono affrontare.
Ecco quindi, che l’inevitabile diffusione di stereotipi e luoghi comuni, unita a una generale propensione a ipersemplificare concetti che in realtà sono molto vasti e complicati, genera il dilagare di un dibattito pubblico sui cambiamenti climatici vivace e rumoroso, spesso viziato da equivoci e fraintendimenti. Questo tipo di dibattito, infatti, oltre che a trarre origine generalmente da una insufficiente conoscenza dei fatti, è spesso animato anche da una sorta di schieramento ideologico che coinvolge la personale visione del mondo, dell’uomo e della natura, e che, chiaramente, produce quel fenomeno così diffuso nelle dinamiche sociali che si chiama “bias” o pregiudizio.
Ma torniamo ai cambiamenti climatici. Una delle meta-analisi e allo stesso tempo anche una delle interpretazioni senz’altro più convincenti dello stato dell’arte in materia, è fornita dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), organo dell’ONU nato nel 1988 proprio con lo scopo di studiare il riscaldamento globale e ampiamente criticato da alcuni per la sua presunta natura politicizzata. In realtà ciò che è riportato nei vari rapporti, che vengono redatti una volta ogni sei anni circa, corrisponde efficacemente e puntualmente a quanto si può trovare mediamente nella letteratura specialistica o nei siti dei più prestigiosi enti climatologici internazionali come il GISS-NASA, l’NCDC-NOAA e il Met Office, i quali costituiscono delle vere e proprie miniere di dati e informazioni. Dati e informazioni che quindi parlano chiaro anche da soli, senza bisogno di alcuna manipolazione politica.
Nell’ultimo rapporto dell’IPCC, il quinto, pubblicato nel 2013, per esempio, non c’è scritto da nessuna parte che l’attuale riscaldamento globale sia provocato interamente dalle attività umane, così come si sente spesso blaterare dalle sponde più o meno coscientemente scettiche.
I punti centrali del rapporto IPCC, infatti, sono principalmente due e recitano esattamente così: “Il riscaldamento globale attuale è inequivocabile e riguardo alle cause, è estremamente probabile che più della metà dell’aumento della temperatura superficiale media globale osservato nel periodo 1951-2010 sia stato causato dall’aumento delle concentrazioni dei gas serra antropogenici, insieme ad altri forzanti di origine antropica”.
Abbiamo quindi da una parte una chiara evidenza scientifica, il riscaldamento globale, di cui conosciamo esattamente nome e cognome e dall’altra il forte sospetto che una serie di cause in particolare (attività antropiche), tenda a prevalere quantitativamente sulle altre, che contrariamente a quanto si crede e senza alcun mistero, sono costantemente studiate e indagate. Nessuno mette in discussione per esempio l’importanza che hanno sul clima le fluttuazioni naturali del sistema accoppiato atmosfera-oceani e che sono descrivibili mediante i principali indici climatici o l’impatto a breve termine sulle temperature globali che hanno fenomeni come il Nino, la Nina o le eruzioni vulcaniche.
Molti però continuano ancora a dubitare (a volte giustamente) anche dei dati di temperatura, chiamando in causa eventuali errori grossolani derivanti dai fenomeni delle isole di calore urbane o riferendosi ad una rete di misurazione ancora troppo eterogenea.
E’ bene ricordare allora che oltre ai dati strumentali delle temperature, che non sono soltanto quelle superficiali, ma anche quelle satellitari troposferiche e le SST, esistono anche molti altri dati osservativi, perlopiù legati a fenomeni che fungono da indicatori climatici, come per esempio l’aumento del livello medio del mare, lo scioglimento dei ghiacciai montani e continentali della Groenlandia e dell’Antartide occidentale, la diminuzione della copertura nevosa, la significativa riduzione della calotta artica, i quali portano tutti alle stesse conclusioni: il riscaldamento globale esiste ed è ampiamente documentato.
Il clima però, è sempre cambiato anche in assenza della forzante antropogenica. Vero, ma il problema è che nonostante tutti quei bei grafici tematici che poi sono soltanto delle ricostruzioni a grandi linee e che potremmo definire utilizzando l’ossimoro “approssimativamente precisi”, nessuno in realtà ha la più pallida idea dell’esatta collocazione spazio-temporale di questi fenomeni, certamente avvenuti, ma che ancora i precari dati paleoclimatici e storici non riescono purtroppo a definire con precisione.
Maggiore attenzione merita sicuramente l’ipotesi alternativa secondo cui la principale causa dell’attuale riscaldamento globale possa essere imputabile alla variabilità solare, se non altro per il fatto che il Sole costituisce effettivamente il motore del clima e della vita su questo pianeta.
Sempre legata all’attività, questa volta geomagnetica del Sole, che è in grado di modificare ciclicamente la disposizione del campo magnetico terrestre, c’è anche la discussa e controversa teoria dei raggi cosmici, secondo la quale le particelle cariche elettricamente di cui sono formati avrebbero la capacità di contribuire a modulare i processi atmosferici di nucleazione e quindi la formazione delle nubi, intervenendo così sul bilancio radiativo terrestre. Al momento però, anche questa teoria non sembra essere sorretta da basi scientifiche solide, tanto che anche i primi dati in arrivo dal CERN di Ginevra dove è in corso l’esperimento CLOUD (Cosmic Leaving Outdoor Droplets) non hanno ancora fornito in merito risultati concreti e definitivi.
Ma parlando di conferme sperimentali viene anche in mente il problema legato all’accuratezza dei modelli climatici standard che qualcuno definisce “dell’IPCC”, anche se è bene precisare che l’IPCC non fa ricerca, ma si limita soltanto a riassumere quello che già esiste in letteratura. Secondo una certa tipologia di critica, i modelli climatici attuali non sarebbero riusciti a cogliere per esempio il rallentamento della crescita delle temperature osservato per una dozzina d’anni tra il 2002 e il 2013 e questo costituirebbe dunque la prova che tutta la scienza del clima, principalmente basata sui modelli fisico-matematici, non sarebbe affidabile. Non a caso però, qualche tempo fa, parlando di sistemi complessi (il clima è un sistema complesso), sottolineavamo alcuni punti sostanziali, in particolar modo in riferimento all’impossibilità della previsione in dettaglio e alla necessità di un approccio plurimodellistico per tentare di cogliere almeno alcuni degli aspetti legati alla complessità di un sistema.
Per approfondire: Cosa prevede l’accordo sul clima approvato a Parigi (dicembre 2015)
Alcuni articoli correlati:
– Il Global Warming è finito 16 anni fa – l’Inganno della ‘Marcia per il Clima’
– La Terra si sta avviando verso un’altra era glaciale?
…
from La Crepa nel muro ift.tt/29Y9055