Il primo articolo della Costituzione Italiana dice che: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Questo “fondata sul lavoro” è un compromesso tra chi scrisse la Carta Costituzionale, una sintesi ideologica riuscita male tra socialisti, comunisti e democristiani di allora.
Non sarebbe meglio, almeno sulla carta, avere una “Repubblica democratica fondata sulla felicità, la bellezza o l’amore per la vita”?
Se in alcuni casi il lavoro è stato uno strumento che ha migliorato l’uomo, oggi bisogna chiedersi invece se sia proprio il lavoro (e il modo in cui si lavora) a mortificare e ad abbruttire l’essere umano. In tempi di crisi ringraziamo chi ci dà il lavoro, ce lo teniamo ben stretto, e siamo ritornati, come ai tempi della mezzadria, a toglierci il cappello e a baciare le mani a chi ci ruba il tempo e la vita.
Oggi la gente sta perdendo il lavoro .
Un dramma. Ma è un dramma finché rimaniamo all’interno della società dei consumi.
Viviamo in un pianeta ricco ma dobbiamo mantenerci in un sistema di scarsità per soddisfare un sistema obsoleto.
Buona parte dei lavoratori nella attuale società tecno-rettile consumista, producono sofferenza invece che gioia e benessere.
E in più il Potere ti prende per il culo, svalutando professionalità, disincentivando la creatività, favorendo i privilegi e gli abusi, sponsorizzando la mediocrità e le raccomandazioni, facendoti pagare le tasse per ingrassare le banche e apparati industriali e statali, mentre tu non hai neanche i soldi per il cinema.
E tu continui a lavorare come hai sempre fatto.
Ti fai un mazzo per che cosa? Se devi farti il mazzo, almeno fallo per qualcosa in cui credi e che ti piace.
Ci credi nell’energia nucleare, nella continua produzione di automobili che inquinano e intasano il nostro territorio, nella produzione di armi, nei medicinali che ti alleviano il mal di gola ma ti fanno venire l’ulcera, nei cibi che invece di nutrire fanno ammalare, nelle industrie che avvelenano i fiumi e l’aria che respiri?
“Queste cose che produciamo fanno cagare, ci uccidono! Noi vogliamo fare cose che servono e che innalzano la vita dell’essere umano, non che la abbrutiscono e la distruggono!”
A volta bisogna dire NO.
Non si può parlare di lavoro a senso unico senza vederne tutte le implicazioni.
Dovresti dire invece:
“Io non voglio il lavoro. Io voglio contribuire con un’attività che so fare bene al progresso e alla bellezza, al mio sostentamento e al benessere della mia famiglia e della mia comunità.
Io non voglio mendicare un posto di lavoro.
Tiè! (e poi, a tua discrezione puoi fare un gestaccio artistico con il braccio o con la mano, ma sempre in modo gentile e non violento, perché noi siamo gente educata)”.
Ti sembra utopista, populista, irresponsabile?
Forse, ma ti invito a fare chiarezza con onestà e vedere quale sia il tuo rapporto col lavoro.
Sei tu che nutri i tuoi oppressori quando, con un po’ più di organizzazione e di intelligenza, potresti tenerli per le palle.
Chiedi giustizia sociale, pretendi dignità, fatti rispettare come essere umano, urla con verità il tuo disagio, ma non implorare quello che altri vogliono che tu implori.
Ama, che sia o meno un lavoro, quello che fai.
Tratto da: Manuale del Partigiano Zen
di Giordano Ruini
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