L’apertura di M5S alle lobby? È iniziata in Europa.

L Apertura del M5S alle lobby è iniziata in Europa

L'Apertura del M5S alle lobby è iniziata in Europa

Cos’è la lobby F&B Associati

FB & Associati è una società di consulenza, fondata nel 1996 da Fabio Bistoncino (uno “sporco lobbista”, come si definisce lui), specializzata in lobbying e advocacy. Come si legge sul loro sito: “supporta i clienti nella costruzione di sistemi di relazioni per influenzare le opinioni e le scelte del decisore pubblico“. Si occupano di fare lobbying sugli alimenti, sulle tecnologie informatiche, sui diritti d’autore, sulla salute, sulla finanza e sulla “gestione delle crisi”. Dopo avere fatto lobbying in Italia per vent’anni, nel 2013 ha aperto un ufficio anche a Bruxelles, grazie al quale assicura un supporto operativo a 360° (non so — passatemi la battuta — quanti siano i “gradi” per i cittadini) nel settore del public affairs (gli affari pubblici, che non coincidono necessariamente con il “bene pubblico”).

Tra i partners, ad esempio, c’è Vincenzo Aprile, che “ha gestito l’intero progetto sull’adozione del noto Regolamento AGCOM sul contrasto alla pirateria digitale“, quella che ha messo in mano all’Autority la capacità di rimuovere oppure oscurare contenuti internet che violino gli interessi dei detentori dei diritti, senza passare dalla magistratura (un concetto, quello dei diritti d’autore, su cui M5S aveva storicamente una posizione contraria, in nome della libera circolazione della conoscenza). [vedasi il tema trattato su byoblu.com]

Luigi Di Maio dai lobbisti

Mercoledì 20 luglio, alle 18, Luigi Di Maio è andato a trovarli. Una lunga riunione a porte chiuse nella tana del lupo, senza alcuna diretta streaming. Non serve ricordare che il Movimento 5 Stelle è quella cosa che fino a poco tempo fa cacciava i lobbisti dal Parlamento “a calci in culo” e li registrava di nascosto (#Fuorilelobby: 19 dicembre 2013), perché riteneva che con le loro pressioni continue ottenessero vantaggi per i loro clienti (le lobby, appunto, cioè rappresentanze di interessi organizzati quali banche, detentori di copyright, multinazionali, che non hanno diritto di voto ma che poi contribuiscono a fare le leggi) e che questo fosse contrario allo spirito di una nuova politica controllata dai cittadini, e non più dal potere economico o corporativo. Tanto per avere un’idea, mercoledì c’erano, tra gli altri, Enel, Vodafone, Microsoft, Confindustria, Codacons, Fastweb, 3M, fondazioni, assicurazioni, studi legali, reti di manager…

Il 2 maggio 2014, lo stesso Di Maio scriveva sul blog di Grillo: “Se la Camera deve diventare una casa di vetro (cit.), i gruppi di pressione devono essere identificati e avere spazi di accesso limitati. Come in tutti i Paesi del mondo“.  Ma perché mai il Parlamento dovrebbe diventare “una casa di vetro”, se non per permettere ai cittadini di vedere e ascoltare quello che in nome e per conto loro viene detto e fatto? E che senso ha che il Parlamento diventi una “casa di vetro”, se poi allora il dialogo viene spostato altrove, in una “casa di piombo”, dove nessuna regolamentazione e nessun registro valgono più, e dove nessuno può vedere e sentire più nulla?

L’ennesimo cambio di rotta, quindi, dopo il pranzo all’Ispi con i direttori della Trilaterale italiana, dopo l’appello al mondo della finanza, dopo la svolta nel giudizio sulla UE con la modifica del famoso decimo punto del post sulla Brexit, dopo l’incontro con Varoufakis che “certifica” l’abbandono della linea antieuropeista, dopo la svolta sugli aiuti di Stato alle banche (Beppe Grillo, il 25 gennaio 2013, contro il salvataggio MPS del Governo Monti, davanti all’assemblea degli azionisti della banca senese, disse: «Che i 3,9 miliardi debbano essere messi dal popolo italiano mi sembra una delle più grosse ingiustizie. Le aziende falliscono, tutte le aziende falliscono, la legge di mercato dice questo, se vai male, se sei gestito male, fallisci». Oggi Di Maio al Financial Times dice l’esatto opposto: che a pagare deve essere lo Stato).

Un cambio di rotta che ha generato numerose polemiche tra una parte degli attivisti e numerosi articoli di fondo su tutti i quotidiani. In primis perché, così come per l’incontro all’Ispi con i vertici della Trilaterale, mostra che qualcuno ha portato il M5S lontano da quel principio dell’”uno vale uno” e della netta opposizione al vecchio modo di fare politica, ma anche perché l’incontro, come anche quello all’espi, si è svolto “a porte chiuse” e “senza diretta streaming“. E questo, per un Movimento che è nato con le dirette streaming e che ha sempre osteggiato la mancanza di trasparenza degli incontri dove i cittadini non possono vedere e ascoltare quello che viene detto, è un sacrilegio. Le dirette streaming oggi sono a buon mercato: bastano un cellulare e un profilo Twitter o una pagina Facebook. Perché allora non si fanno? La risposta è chiara: perché “i portatori di interessi” che le forze politiche incontrano non hanno piacere a discutere di certe cose in pubblico. E quindi, per un Cinque Stelle Doc, non ci sarebbe che una sola, ovvia conseguenza: non incontrare  e non legittimare chi ha bisogno di discutere nelle segrete stanze qualcosa che evidentemente i cittadini non devono essere messi in condizioni di conoscere. Una volta l’unico luogo preposto alla discussione delle leggi era il Parlamento. Oppure, tutt’al più, una stanza iperconnessa e piena di webcam. Deve tornare ad essere così.

Alcuni articoli apparsi sui giornali

Di Maio nella tana dei lobbisti - Corriere della Sera - giovedì 21 luglio - p.15

Leggi l’articolo di Massimo Franco, giovedì 21 sul Corriere della Sera, tenendo presente che Massimo Franco era tra i moderatori/relatori dell’incontro.

Per intercettare la lunga marcia di avvicinamento al potere, dopo le conquiste di Roma e Torino con i sindaci Virginia Raggi e Chiara Appendino, bisogna passare anche attraverso riunioni di questo tipo: a porte chiuse, senza diaframmi“, dice Massimo Franco, moderatore dell’incontro, nel suo articolo sul Corriere, il giorno dopo.

DI MAIO NELLA BUFERA - LOBBY PURE SUL CANCRO - Repubblica -venerdì 22 luglio - p.16

Leggi l’articolo di Andrea Carugati, venerdì 22 su Repubblica: “Lobby pure sul cancro”, Di Maio nella bufera.

Di Maio viene citato per aver detto: “Non ce l’ho con le lobbies, il problema è la politica senza spina dorsale“. Un’affermazione che suona tanto come quel “Quando parliamo di Europa, non scarichiamo le colpe dove le colpe non ci sono“, “il vero problema dell’Europa sono i governi nazionali” di David Borrelli, europarlamentare M5S presidente (senza rotazione) del Gruppo politico EFDD.

Il rapporto sul M5S di FB & Associati

Ma cosa era andato a fare Luigi Di Maio, nel covo dei lobbisti? La scusa ufficiale era lo studio, prodotto da FB & Associati, “Dentro o Fuori dal Palazzo?“, con un nome che per il M5S è già tutto un programma, con il quale lo studio di lobbying ha analizzato l’attività del M5S in parlamento, distinguendo nettamente una fase pre-direttorio e una fase post-direttorio. Lo studio è questo: FBLAB — M5S (sul sito di FB & Associati, si può leggere qui). Vi consiglio di guardarlo, quantomeno per capire come viene analizzata una forza politica dai “lobbisti”.

C’è un passaggio, tuttavia, che merita di essere sottolineato. A pagina 17 dello studio si legge:

La versione bruxellese del Movimento ha rinunciato agli “eccessi” che — soprattutto in una prima fase — hanno caratterizzato condotta e comunicazione dei loro alter ego nazionali: una maggiore misura nelle esternazioni e negli atteggiamenti ed una più stretta aderenza allo stile sobrio, quasi asettico, tipico delle istituzioni europee, ha contraddistinto questi primi due anni di Legislatura. Anche nell’approccio con l’esterno, i 17 deputati Cinque Stelle, che aderiscono al Gruppo ‘Europa della Libertà e della Democrazia diretta’ — presieduto dal pentastellato David Borrelli, in coabitazione con l’Inglese Nigel Farage -, si stanno dimostrando meno “rigidi” rispetto ai colleghi di Montecitorio e Palazzo Madama, con una maggiore apertura e cooperazione sia nei confronti degli altri Gruppi politici, sia verso il mondo della rappresentanza di interessi“.

Quindi il dato è che gli eurodeputati Cinque Stelle hanno dimostrato “maggiore apertura e cooperazione verso il mondo della rappresentanza di interessi“, cioè verso le lobby, rispetto ai parlamentari pentastellati romani. E questo, detto direttamente dai lobbisti.

Il secondo passaggio da sottolineare è questo:

Che l’atteggiamento del M5S a Bruxelles costituisca un modello da seguire anche in Italia è testimoniato da alcuni altri elementi riscontrati nell’ultimo periodo: il ritorno definitivo di Grillo alla professione di comico, la valorizzazione di elementi moderati come Di Maio, il depotenziamento di alcune prese di posizione piuttosto radicali espresse con forza in passato (specie in politica estera, o sulla tematica dell’uscita dall’euro). Questo cambio di linea è peraltro molto apprezzato a livello internazionale, come mostra l’ottima stampa di cui ha recentemente goduto il M5S, anche nella persona della Candidata Sindaco al Comune di Roma, Virginia Raggi“.

Si parla cioè di un modello nato a Bruxelles, dunque tra gli eurodeputati M5S (il cui gruppo politico è presieduto da David Borrelli senza alcuna rotazione), che viene esportato anche in Italia, affidato a Di Maio, con il depotenziamento della tematica dell’uscita dall’euro, tanto che si parla di vero e proprio cambio di linea, aggiungendo che si tratti di una notizia molto apprezzata a livello internazionale (e forse adesso si capisce meglio perché Mario Monti, quella sera a LA7, ha parlato pubblicamente di “stima” per David Borrelli).

Lo studio di FB & Associati, che ha alle spalle vent’anni di lobby  in Italia e tre anni di lobby a Bruxelles, si va ad aggiungere al comunicato stampa di Varoufakis, che in relazione al M5S parla “del suo spostarsi da una linea direttamente anti-Europeista verso una posizione che abbraccia la domanda per una trasformazione democratica dell’Unione“, riferendosi —  all’interno dello stesso comunicato — all’articolo che parla di come Di Maio avrebbe cercato contatti con Monti per favorire un incontro con gli ambienti della Commissione Trilaterale (effettivamente avvenuto poi all’ISPI).

Chi ha deciso il cambio di rotta?

Il cambio di rotta nel M5S c’è stato. No question about it! Resta da capire chi l’abbia deciso, e in che modo. Perché se è vero che la rivoluzione del Movimento 5 Stelle era tutta qui, cioè nel capovolgimento della piramide decisionale (che finalmente poggiava sulle spalle dei cittadini, con in cima i parlamentari a “prendere ordini”), allora questi cittadini dovrebbero farsi una domanda: chi ha deciso? Chi ha deciso che adesso si poteva andare a pranzo a porte chiuse con i poteri forti della Trilaterale? Chi ha deciso che adesso si poteva partecipare agli incontri a porte chiuse con i lobbisti? Chi ha deciso che le banche adesso vanno salvate con i soldi pubblici? Chi ha deciso che “con l’Europa siamo stati troppo duri?”. IL M5S non sono cinque persone e non sono i parlamentari eletti: il Movimento 5 Stelle sono tutti i cittadini attivisti certificati, di cui i primi sono semmai semplici “portavoce“. Quindi, il Movimento 5 Stelle tutto — o chi tiene ancora ad esso — dovrebbe chiedersi: chi ha deciso? Quando? Dove?

E proprio mentre sul blog di Grillo si è aperta la votazione per la ratifica di un nuovo regolamento (visto che un Tribunale ha sentenziato che quello vecchio, dove venivano nominati comitati decisionali sulle espulsioni, non era valido), sarebbe un bel segnale, da parte del Movimento, discutere anche di come vengano scelte le persone che poi decidono di partecipare a questi pranzi, decidono di partecipare a questi incontri a porte chiuse, oppure decidono di cancellare e riscrivere ex novo un post su un blog (quello su Euro ed Europa).

E sarebbe un bel segnale, anche, se qualcuno chiedesse che la nuova costituenda associazione dei Cinque Stelle, cui Grillo dovrebbe conferire il simbolo e che sarebbe sostenuta dal nuovo regolamento, designasse i suoi membri con un ampio ed esteso referendum online, nel quale tutti siano liberi di segnalare il nominativo che preferiscono. Già abbiamo un’Associazione Rousseau, il cuore pulsante del Movimento (visto che custodisce il codice attraverso il quale si vota e che raccoglie le donazioni), nella quale un giorno sono comparsi due membri dal nulla, David Borrelli e Max Bugani, senza che nessuno se ne stupisse o si preoccupasse di chiedere come mai non fosse stata indetta una votazione libera. Vorremmo allora adesso perfino attribuire anche il simbolo, in maniera “dinastica”, a poche persone non scelte dalla base (e dunque conferire tutto un Movimento fatto di cittadini che inneggiano alla democrazia diretta), senza che nessuno decida democraticamente chi debba farne parte?

Chiedete di poter votare tutti i nomi, su una rosa scelta liberamente. Non è peccato. Non è sacrilegio. Non è lesa maestà. È il Movimento 5 Stelle.

 

from Byoblu.com ift.tt/2aaSkIT

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