Che cos’è oggi più anacronistico della politica? La politica, come attività che ha per fine la felicità dei cittadini (Aristotele), è defunta da secoli, forse da millenni.
Eppure assistiamo non solo alle solite maratone elettorali, che con la politica non sono neanche lontanamente imparentate, ma anche alle decisioni di cittadini la cui ingenuità è pari soltanto al machiavellismo della nomenclatura di partito che li strumentalizza e li sfrutta, per convincere gli elettori più recalcitranti e disgustati a “fare il proprio dovere”, ossia recarsi alle urne. Così, soprattutto in occasione di tornate amministrative, alcuni donchisciotte si candidano magari in qualche lista civica, illudendosi di poter difendere i diritti di qualche categoria vilipesa o di promuovere in paio di iniziative utili per la collettività. Infinito candore!
D’altronde sciolti questi nodi, si troverebbero le risorse ed il mordente per aggredire tutte le altre questioni. Chi, però, dimostra il coraggio di esibire le contraddizioni del potere e la sua natura intimamente malvagia per distruggerlo dall’interno, per scalzare le radici che allignano in un terreno infernale? No. Ci si balocca con obiettivi angusti e campanilistici, per quanto lodevoli (qualche fondo destinato ai soggiorni termali per i pensionati, la strada interpoderale da asfaltare, dei buoni pasto per le famiglie dei bimbi accolti negli asili comunali, una pista ciclabile, un impianto sportivo per i giovani…), mentre le persone continuano ad ammalarsi ed a morire per le antenne, gli inceneritori, le irrorazioni, le centrali nucleari, mentre la disoccupazione e la crisi economica attanagliano i sopravvissuti.
Questa è demagogia: si accontentano alcune “corporazioni” con donativi una tantum o gli edonisti con l’organizzazione di qualche demenziale notte bianca e les jeux sont faits. Intanto i criminali piani delle immonde élites procedono senza intoppi, nella beata incoscienza dell’uomo medio. Neanche Caligola era così incline a blandire la plebe in modo tanto dolciastro e la plebe di Roma non era sprovveduta come la massa odierna.
Viviamo, però, in un’epoca di vigliacchi e di inetti. Un banditore delle verità scomode sarebbe guardato come un pazzo, un visionario. Eppure, pur nella consapevolezza di quanto sia inefficace oggi la vera azione politica, è doveroso almeno tentare di svegliare qualche coscienza sopita.
E’ forse possibile raggiungere la massa critica, ma non cianciando delle fioriere da collocare ai bordi delle strade, piuttosto denunciando le questioni scottanti. Se non vi si riuscirà, rimane la testimonianza: questa che viviamo è un’età per testimoniare la decadenza, la fine, la morte.
Il sistema non può essere riformato: deve essere solo trasceso e negato in modo definitivo. Bisogna additarne coram populo il volto inteschiato e le membra sfatte, putride, mefitiche.
Che poi si riesca o no a fermare gli avvelenatori, è ininfluente sotto il profilo etico: la virtus è premio a sé stessa.
Fonte: zret.blogspot.com
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