Via di fuga dal buco nero

La singolarità sarebbe una imperfezione e la materia catturata dall’abbraccio gravitazionale avrebbe una via di fuga, una porta d’uscita, un wormhole.

di Davide Patitucci

Una porta sul retro di un buco nero, da dove la materia ingoiata potrebbe trovare via di fuga dal suo abbraccio gravitazionale. 

Lo ipotizza uno studio teorico spagnolo che suggerisce che la materia ingoiata da un buco nero possa sopravvivere alla sua forza gravitazionale distruttiva, trovando una via di fuga

I buchi neri sono tra gli oggetti più affascinanti e misteriosi dell’Universo. Potrebbero nascondere la chiave per conciliare il mondo dell’infinitamente piccolo, governato dalla meccanica quantistica, con quello dell’infinitamente grande descritto dallaRelatività Generale di Einstein. All’interno di un buco nero, infatti, le leggi della fisica così come le conosciamo cessano di funzionare. E non è l’unica bizzarria di questi mostri cosmici, che ingoiano tutto ciò che capiti loro a tiro, luce compresa…
 

Secondo alcune teorie, potrebbero nascondere passaggi spazio-temporali, come quelli descritti nel film Interstellar.

Ne sono convinti i fisici teorici dell’Institute of Corpuscular Physics dell’Universitat de València (IFIC, CSIC-UV).

In uno studio pubblicato su Classical and Quantum Gravity, ipotizzano che la materia precipitata dentro un buco nero riesca a sopravvivere al suo abbraccio gravitazionale. E a sbucare da un’altra parte del Cosmo.

Merito di una sorta di uscita di sicurezza, nascosta nelle viscere del buco nero. Secondo i ricercatori spagnoli, la regione più interna di questi cannibali cosmici, dove la curvatura dello spazio-tempo diventa infinita – gli scienziati la chiamano singolarità – sarebbe, in realtà, un’imperfezione della struttura geometrica dello spazio-tempo.

«I buchi neri sono un laboratorio teorico straordinario per testare nuove idee sulla gravità», spiega Gonzalo Olmo, uno degli autori della ricerca. Gli studiosi spagnoli hanno applicato le strutture geometriche dei cristalli, o del grafene, allo studio dei buchi neri. «Proprio come i cristalli presentano delle imperfezioni nella loro struttura microscopica, allo stesso modo – continua Olmo – la regione centrale di un buco nero può essere interpretata come un’anomalia nello spazio-tempo. Abbiamo esplorato tutte le possibili opzioni, prendendo spunto da ciò che osserviamo in Natura».

Utilizzando questa analogia con la geometria dei cristalli, nei modelli teorici sui buchi neri la regione centrale assume l’aspetto di una superficie sferica molto piccola. Un risultato che i fisici teorici spagnoli hanno interpretato come l’esistenza, all’interno del buco nero, di un cunicolo spazio-temporale: un cosiddetto wormhole.

Soluzioni matematiche delle equazioni di Einstein, i wormhole, tecnicamente noti come ponti di Einstein-Rosen, sono dei passaggi segreti al confine tra scienza e fantascienza. 

A dar loro una precisa cornice scientifica è il fisico statunitense Kip Thorne, uno dei massimi esperti mondiali di Relatività Generale. I wormhole sono come buchi nello spazio-tempo, capaci di mettere in comunicazione due punti molto distanti dell’Universo, attraverso una scorciatoia. Come i cunicoli scavati da un verme in una mela, che permettono all’animale di attraversarla da una parte all’altra.

Questi studi teorici, che tanto affascinano produttori e sceneggiatori di Hollywood, non ci garantiranno a breve di raggiungere i più lontani recessi del Cosmo. I wormhole, secondo le previsioni dei fisici teorici, hanno, infatti, un diametro inferiore al nucleo di un atomo e, per attraversarli, un esploratore spaziale dovrebbe essere trasformato in uno spaghetto sottilissimo. Questo tipo di modelli possono, però, secondo gli autori dello studio, aiutare gli scienziati a comprendere la natura più intima della materia. Alla ricerca di una cosiddetta Teoria del Tutto, in grado di mettere d’accordo microcosmo e macrocosmo, meccanica dei quanti e Relatività einsteiniana.

Lo studio spagnolo: ift.tt/1PvphcU
Fonte: www.asi.it

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