LOSBURLA, “STUPEFACENTE!” (INRI / ALABIANCA)

Secondo disco per Roberto Sburlati alias Losburla, chiamato alla prova del secondo disco che, come diceva qualcuno, è sempre il più difficile; opera ancora più complicata, se si vuole, dato che c’era in un certo senso da rispondere alle attese createsi col primo lavoro, ottimamente accolto dalla critica.

E forse l’unico modo per alleggerire la pressione di un riscontro almeno in parte inaspettato, era quello di affidarsi alle proprie sicurezze, almeno in parte di ritrarsi in sé stessi, riducendosi all’essenziale, nelle parole (marcando magari l’impronta autobiografica) e nei suoni, agendo in larga parte per sottrazione, con l’aiuto in fase di produzione di Carmelo Pipitone dei Marta sui Tubi, col quale qui viene inaugurata la collaborazione.

Undici pezzi, che veleggiano dall’insospettabile title track messa in apertura, un parlato su base elettronica che sfiora l’hip hop e il brano dal vivo che chiude il disco, una cover dei poco conosciuti Truzzi Broders; nel corso della navigazione, si toccano lidi new wave e fiordi stoner, la tradizione cantautorale stella polare di una rotta che attraversa in ugual misura acque rock e pop, mari mossi dall’elettricità, tranquilli specchi d’acqua acustici.

Il cantautore artigiano di nascita, ma da tempo trapiantato a Torino, racconta sogni, riflette sul proprio essere musicista, sugli errori compiuti che alla fine non si sono rivelati tali, su ciò che si vuole e non vuole essere; si sofferma sui ‘massimi sistemi’: essere / apparire, la smania che spinge tanti alla ricerca compulsiva del riempimento di ogni spazio / tempo disponibile, la Storia e la memoria; trova lo spazio per una parentesi sentimentale e per una dedica – commiato da chi se n’è andato.

L’umore ondeggia costantemente tra malinconia e ironia, all’insegna un certo disincanto: a tratti ci si figura un Rino Gaetano cresciuto tra le nebbie delle Langhe e all’ombra delle Alpi.

Losburla riesce così a superare la difficile prova del secondo lavoro, giocando per lo più la carta delle atmosfere raccolte, ma pronto – come testimonia più di un brano — a riaprirsi al mondo esterno.

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